Sostenibilità - 08 lug 2022

Ode al Mar Mediterraneo

Lo diamo per scontato, come molte cose importanti: il Mar Mediterraneo è da sempre uno dei protagonisti del nostro amato stivale. Se però guardate bene, vi accorgerete che non lo stiamo trattando per niente bene.

Mar Mediterraneo for dummies

È un mare interno dipendente dall’Atlantico, ma collegato anche all’Oceano Indiano. La profondità massima è di 5720 metri, quella media di un chilometro e mezzo, la sua superficie ammonta all’1% dell’intera superficie marina della Terra. È piccolo, quindi, ma ospita 12mila specie marine.

La popolazione dei paesi affacciati sulle sue coste ammonta a 450 milioni di persone. Il che si traduce in un carico ENORME sull’ecosistema di cui sopra.

Fine della lezione di geografia.

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Un mare in pericolo?

Esiste uno scollamento mediatico che rischia di inguaiare il Mar Mediterraneo. Ad ascoltare i telegiornali, infatti, sembra che le catastrofi marine avvengano sempre dalla proverbiale altra parte del mondo.

È la barriera corallina lungo le coste australiane a soffrire. È al largo dell’Alaska che si squarciano le petroliere. È ai Caraibi che le alghe soffocano il mare.

Del Mediterraneo invece cosa si dice? Le Bandiere Azzurre a inizio stagione, il fascino della pesca tradizionale, il poetico e infinito andirivieni delle onde che ce lo fa pensare inesauribile.

Ma il mare non è inesauribile, tutt’altro. E il Mar Mediterraneo sta subendo una pressione fuori dal normale. I fattori principali sono due: lo sfruttamento delle risorse viventi (la cosiddetta sovrapesca) e l’inquinamento da reflui.

Non solo. Citando gli esperti, anche “l’esplosione di specie non indigene (240 censite), le alterazioni fisiche dell’ambiente e l’inquinamento dovute a dragaggi, costruzioni costiere, pesca a strascico, sostanze tossiche, eccesso di nutrienti, rifiuti (il 77% dei quali è di plastica), nonché i cambiamenti climatici e l’acidificazione degli oceani” mettono a repentaglio una delle biodiversità più ricche del pianeta.

E come ormai dovrebbe essersi capito, la perdita di biodiversità è un pericolo che non possiamo permetterci di correre.

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Perché parlare di Giornata Internazionale del Mediterraneo

Si celebra ogni anno, l’8 di luglio. Come tutte le giornate internazionali, serve a diffondere consapevolezza e a sensibilizzare. Ma perché una giornata dedicata proprio al Mediterraneo, distaccata ad esempio dalla Giornata Mondiale degli Oceani?

Perché il Mediterraneo è davvero una delle culle della civiltà. Perché ha sedotto gli uomini e le donne, perché ha fomentato i poeti, perché ha spremuto note dagli strumenti musicali. Perché le sue onde spingono lontano il profumo degli agrumi siciliani, quelli della lavanda provenzale, quelli delle spezie nordafricane e mediorientali, quelli di rosmarino delle coste cotte dal sole.

E perché, come diceva Camus, le popolazioni che vivono lungo le sue coste conoscono la gioia, perché sanno lasciarsi andare.

Dobbiamo continuare?

Non serve. Il fatto è che forse abbiamo preso alla lettera il nome che al Mediterraneo davano gli antichi romani: Mare Nostrum. Il che non ci dà diritto di maltrattarlo come stiamo facendo ora.