Lifestyle - 12 mag 2025

La vita on the road, vista da quelli che la rendono possibile

C’è chi il suo lavoro lo fa giorno dopo giorno alla stessa scrivania, e chi è già tanto se sa in che regione si sveglierà domani.

È il fascino dell'organizzazione, del backstage, del “retrobottega”. Del prima, quando si corre per preparare ogni cosa in orario; del durante, quando decine di occhi attenti verificano che ogni cosa vada per il verso giusto, e del dopo, quando... c'è da correre ancora, perché la prossima data è già domani e la location si trova a cento, duecento, cinquecento chilometri di distanza.

Lo charme del roadie

Nel 1980, i Motörhead hanno dedicato uno dei loro inni più immortali proprio ai roadies, il personale che si occupa di montare i palchi, organizzare il backstage e far sì che l'intero concerto scorra liscio e senza intoppi anche quando al chitarrista si rompe una corda, un effetto speciale decide di fare le bizze, o un fan particolarmente scalmanato si incastra tra transenne e palco. Leggenda vuole che, ascoltandola in anteprima, i coriacei “ragazzi dello staff” si siano messi a piangere come ragazzini. La canzone era (We are) the road crew. Quando si parla in toni romantici di lavoro on the road, la vita del musicista – e quella del personale di supporto – è la prima che viene in mente. Eppure, il confronto quotidiano è con musicisti eccentrici, tempistiche tiranniche, situazioni al limite dell’umana sopportazione, problem solving estremo. E poi via, stipati nei tour bus, verso chissà dove: ci saranno un panino e una birra ad aspettarci, almeno, prima di iniziare a scaricare e montare il palco? Ma non sono solo musicisti e roadie a fare una vita lontana da casa.

Costruiamo l'Italia, una trasferta alla volta

C'è una mitologia legata al lavoro di chi opera nell'edilizia e nella costruzione di infrastrutture e grandi opere. Il lunedì la sveglia è particolarmente impietosa, perché è decisa da Via Michelin o Google Maps. Ci si carica in furgone con i colleghi, si attraversa una provincia, una regione o mezza Italia, e si parcheggia direttamente in cantiere. A casa - una casa temporanea, generalmente condivisa e, in ogni caso, non tua - ci si arriva alla fine del turno. Doccia, cena nella trattoria che la ditta ha convenzionato, e poi letto. Da ripetere fino al venerdì a pranzo o magari fino al sabato se la data di consegna del cantiere è particolarmente vicina. E poi via, con il furgone a seguire la strada in senso inverso. Anche questo è lavoro on the road… e potremmo pontificare su chi fa il lavoro on the road per costruire le road, e anche sul verbo pontificare 🤭

Tanti chilometri, tante strette di mano

Ad un certo punto - diciamo tra 2010 e 2015, con un ritorno e una impennata poi ai tempi della pandemia - ci avevano detto che le fiere e le convention sarebbero finite. Che Zoom e Meet e Teams avrebbero reso inutili le strette di mano. Che i webinar avrebbero sostituito le conferenze e le presentazioni di prodotto. Che addirittura la realtà virtuale e quella aumentata, non contente di mostrarci ambienti e ricostruzioni, sarebbero arrivare a farci percepire odori e sapori attraverso i nostro telefoni. Sarà. Ma ditelo a quel rappresentante che alle sette e trenta è già uscito dal casello in zona industriale e ha raggiunto il centro convegni, il padiglione, l’albergo prima di tutti, è carico come una molla, firmerà cinquanta contratti nuovi, proporrà duecento upsell e si farà venire i calli a forza di stringere decine e decine di mani. Diteglielo. Sapete cosa vi risponderà? Che non rinuncerebbe per nulla al mondo a quel feeling. Che, in una quasi citazione, “adora l’odore di convention la mattina”.

L'elemento unificante

Se potessimo accedere alle gallerie dei telefoni di tutti i lavoratori e le lavoratrici di cui sopra, noteremmo un dettaglio piuttosto buffo: come in un divertente photobombing, a ben guardare ogni foto – specie verso i bordi delle foto – noteremmo un Sebach. Spesso è una cabina rossa con il tetto bianco. A volte è un bagno di design, altre volte un box che racchiude wc, lavabi, docce. E a proposito di box, anche magazzini, uffici da campo, biglietterie, infermerie temporanee portano il logo del cuore rovesciato. E allora, se chiedessimo all'intelligenza artificiale di rappresentare la vita on the road dei bagni Sebach, siamo piuttosto sicuri che ce li disegnerebbe come la custodia di un musicista che gira il mondo da cinquant'anni: una cabina rossa coperta di adesivi di luoghi lontanissimi tra loro, i segni del tempo che le donano una piacevole patina di vissuto e saggezza, la curiosità di sapere dove sarà allestita domani.