Letture da bagno - 22 lug 2025

La pausa come atto rivoluzionario

Siamo sempre dove ci dicono di essere. Siamo sempre a disposizione. Siamo sempre connessi. Il che è un problema. Ma se bastasse davvero poco per migliorare le cose?

Perché c’è poco da fare: solo quando siamo liberi, possiamo essere noi stessi. Ora prendetevi un attimo, chiudete gli occhi e provate a pensare a quando è stata l’ultima volta in cui avete provato un vero senso di libertà. Secondo i nostri calcoli, la risposta sarà qualcosa del tipo “è passato un bel po’ di tempo”, e questo è un problema. Al quale però c’è una soluzione. Perché in questi tempi di connessione h24 e di reperibilità totale, prendersi una pausa - uscire per un attimo dalla routine, dalla ripetizione, dalle aspettative degli altri - è una vera rivoluzione. Per questo vi invitiamo a godere delle pause senza sensi di colpa. Fin da adesso, mentre si approssimano le ferie, e anche poi, quando tornerete alla vita quotidiana.

La pausa al bagno come forma di ribellione

Al tempo dell’imprenditore americano Frederick Taylor, anche la pausa bagno dei lavoratori veniva cronometrata. Ma era fine Ottocento, e Taylor era ossessionato dall’efficienza produttiva. In più, mancavano le più basilari nozioni su benessere del lavoratore, rendimenti decrescenti della troppa attività e rischio di burnout. Eppure anche oggi, in certe realtà lavorative - pensiamo a certi open space iper efficienti - andare in bagno viene mal visto. Andare alla toilette diventa allora un piccolo atto di resistenza. In un mondo che ci vuole sempre sul pezzo, insomma, la porta chiusa del bagno è l’ultima vera zona franca.

Il vuoto in agenda come forma di autodeterminazione

Come conseguenza del punto precedente, possiamo desumere questa legge: avere un’ora senza call è ormai utopia. In una giornata in cui la vostra agenda è nelle mani di forze superiori - responsabili, project manager, capi vari - che vi incastrano in una sequenza di imperdibili meeting online, quei pochi preziosi minuti da dedicare al proprio corpo sono un diritto inalienabile. Il saggio direbbe che il tempo vuoto è il nuovo oro. Che poi si stia parlando di ufficio e quell’ora “vuota” sia da dedicare al fare, beh, è un altro discorso.

La pausa caffè come rito sovversivo

Rimane uno dei pochi momenti in cui le persone possono parlare senza riferirsi a obiettivi di produzione, KPI e agende. Alcuni minuti alla macchinetta del caffè sono un toccasana: svuotano i cervelli saturi, mettono in circolo nuove idee, ci aggiornano sui gossip dell’altro reparto. Non ultima, la spinta data dalla caffeina ci permette di tornare a lavorare con slancio.
Nei 35 millilitri di un caffè c’è un’arma carica di libertà. Purché la si possa usare senza sensi di colpa.

La pausa come atto di cura

Fermarsi è necessario: per noi, certo, ma anche perché chi ci circonda possa continuare a fruire del nostro contributo alla società, e non debba farsi carico di un corpo svenuto da spostare in giro. I computer hanno il tasto 'sospendi': la CPU può rilassarsi, la batteria si raffredda e - perché no - partono quegli aggiornamenti in attesa da mesi. Anche gli esseri umani hanno bisogno di una pausa per la manutenzione.

No, “vado in ferie” non è la confessione di un crimine

Tutto inizia quando si va dalle risorse umane per negoziare il piano ferie. Da quel momento, sarà come avere un team di investigatori alle calcagna. Converrebbe quasi costituirsi subito: “sì, sono colpevole di voler andare in ferie!” Potremmo portare dei numeri a giustificazione di quello che stiamo per dire - ma anche alcuni punti del contratto che avete firmato, e pure una buona dose di buonsenso - ma non crediamo che serva insistere su quanto il diritto alle ferie sia sacrosanto. E quanto una pausa - si tratti di un weekend lungo o delle sudate tre settimane - sia di beneficio. Ricordatevi però che la rivoluzione passa anche attraverso il linguaggio. Scordate allora frasi come “Comunque controllo la mail” o “per le emergenze ci sono sempre.”

E quindi, che male c’è?

Se oggi vi siete presi cinque minuti per leggere questo articolo, sappiate che anche voi avete lo spirito della rivoluzione. E la prossima che dovrete interrompere una call per andare in bagno, fatelo con orgoglio: siete parte del movimento. Oppure cercate un’alternativa, come lavorare per una azienda virtuosa che al di là di welfare, buoni pasto e benefit vari, mette a disposizione per le pause una sala mensa da usare quando si vuole. Se state pensando a Sebach, non vi sbagliate. E stupirà i tayloristi, ma i risultati arrivano anche senza cronometrare i dipendenti!