Letture da bagno - 10 ott 2022

Perché è così difficile centrare il buco (e altri dilemmi filosofici da bagno)

Che per molti il bagno sia il luogo deputato alle grandi letture, non è un segreto. Ma lo sapevate che sul bagno, sugli atti che lì si svolgono e sui rituali della toilette, si sono cimentati fior fiore di filosofi e pensatori?

Il fatto è che, per definizione, il lavoro di un filosofo è quello di speculare sui grandi temi universali della vita umana. Esiste un tema più condiviso e partecipato del bagno? Crediamo di no.

È una questione di distanza

Ometti, questa è ovviamente rivolta a voi.

La risposta al primo grande dilemma, ovvero perché è così difficile centrare il buco, ce la dà Zenone. E dato che costui è l’inventore della dialettica, cioè l’arte di convincere i tuoi commensali che hai azzeccato la risposta giusta prima che questi ricorrano all’oracolo-Google, vi tocca fidarvi.

Diciamo che il getto sta colpendo un punto della tazza che si trova ad una certa distanza dal famigerato buco. Zenone dice che per aggiustare il tiro dovrete prima superare la metà di questa distanza. A questo punto, resterà da superare soltanto l’altra metà. Un gioco da ragazzi, giusto? Non proprio: di quella metà, dovrete prima superarne metà. Dopodiché ne resterà…

Ci siamo capiti. Non c’è proprio niente da fare, e quel buco continuerà ad essere irraggiungibile.

Vi vedo tutti

Di una fila di orinatoi, il primo e l’ultimo sono quelli meno utilizzati. Con le file di bagni noi ci lavoriamo, e le nostre statistiche ce lo confermano.

Di sicuro, utilizzare un orinatoio pubblico non è per tutti: la paura di trovarsi al centro dell’attenzione è tangibile.

Da qualche parte tra Settecento e Ottocento, il filosofo Jeremy Bentham immaginò una prigione nella quale un unico sorvegliante avrebbe potuto osservare nello stesso momento tutti i prigionieri.

E niente, fa già ridere così (almeno i non ansiosi).

Libero o occupato? Non lo saprai fino all’ultimo

Pochi sanno che la prima versione del paradosso di Schrödinger, il celebre esperimento mentale sul gatto che c’è e non c’è, aveva come protagonista la toilette pubblica viennese che il fisico si trovava spesso a utilizzare.

Ogni sera, infatti, il buon Erwin, uscito a fine giornata dalla birreria presso la quale cenava, si dirigeva verso casa ma, colto da un certo bisogno, era costretto a cambiare percorso per indirizzarsi verso il bugigattolo protetto da una pesante porta. L’impellenza aumentava man mano che la distanza diminuiva, Schrödinger quasi non riusciva a trattenersi, nulla lasciava intuire se la toilette sarebbe stata libera o occupata (mica c’erano gli indicatori che montiamo su tutti i nostri bagni).

Da qui il dilemma: entro e scopro nel peggiore dei modi se c’è qualcuno, oppure busso ma attendendo la risposta rischio di farmela addosso?

Quando neanche la filosofia ce la fa

Non sembra che i grandi pensatori del passato se la siano cavata molto bene, vero?

Proviamo a rivolgerci allora a Nietzsche, il baffone tedesco che si pronuncia Nice e secondo il quale “serve avere un caos dentro di sé per partorire una stella danzante”.

Una fine metafora, non c’è che dire.

Peccato che, per citare lo Zucchero degli anni Ottanta (ve lo ricordate?), “Nice, che dice?” Boh.